Renato Tassinari, il primo Presidente del Vespa Club d’Italia (1. parte)
Non ci può essere dubbio alcuno sul fatto che Renato Tassinari abbia rappresentato la figura più importante nella prima parte della storia del Vespa Club d’Italia, quella che percorre gli anni tra il 1949 e il 1971. E questo non solamente perché è stato Presidente dell’Associazione in ogni giorno di questo periodo, o per esserne stato chiamato alla guida da Enrico Piaggio, primo propugnatore e finanziatore dell’iniziativa di coordinamento degli utenti di Vespa in un ente organizzato. Renato Tassinari “era” il Vespa Club d’Italia in quanto capace di dare ad esso – sin da subito – una fortissima impronta personale, derivante dalla trentennale esperienza di giornalista specializzato nel settore motociclistico e al contempo dalla indiscussa abilità nel saper leggere il presente e quindi indirizzare il futuro.
Renato Tassinari nasce a Milano il 17 agosto 1899 da una famiglia della media borghesia proveniente dall’Emilia-Romagna. Manifesta sin da ragazzo grande interesse per le lettere, tanto che a soli sedici anni scrive sulla rivista “La nuova antologia”, ma il suo spirito futurista (che si ispira al movimento di avanguardia fondato dallo scrittore Filippo Tommaso Marinetti) lo porta a innamorarsi della velocità quale “nuova bellezza del mondo”: nel 1917 viene chiamato a far parte della leva dei “Ragazzi del ’99”, i diciottenni che partono per il fronte nel nome dell’Italia e della sua bandiera. Sul campo di battaglia rimedia alcune ferite che lasceranno il segno per tutta la vita sul suo corpo ma non nella sua indomita indole di combattente.
A poco più di vent’anni entra alla “Gazzetta dello Sport” quale redattore motoristico, e per i successivi due decenni svolgerà la professione di giornalista specializzato, cui aggiungerà preziose esperienze quale organizzatore e addetto stampa di prestigiose manifestazioni motoristiche come il “Circuito del Lario”. E’ anche motociclista praticante: non un campione (le sue vittorie si contano sulle dita di una mano), ma un onesto comprimario. Ama i raid di lunga distanza, come la Roma-Parigi-Anversa di circa 3.000 km nell’agosto 1920, che corre su una Frera in squadra con Renzo Castagneto ottenendo la vittoria nella classifica riservata alle marche. Ha dentro di sé una doppia anima motociclistica, quella del turista e quella sportiva, ma la prima prevale ampiamente. Pubblica nel frattempo alcuni libri (tra cui un annuario del motociclismo): il più significativo di essi è senza dubbio “Ricordi di vita rapida”, prima biografia di Tazio Nuvolari, che esce nel 1930.
Vive alcuni mesi in Gran Bretagna, dove viene in contatto con la più avanzata realtà europea del periodo dal punto di vista motoristico, quindi è a Los Angeles quale inviato della “Gazzetta” alle Olimpiadi del 1932: è in queste occasioni che coglierà preziosi spunti per la propria carriera professionale. Il 3 agosto del 1938 – un anno dopo il matrimonio con Teresita Buvoli, cognata di uno dei figli di Benito Mussolini – la sua vita cambia: da Milano si trasferisce a Roma per assumere la direzione del quotidiano sportivo “Il Littoriale”, ovviamente gestito dal regime fascista, del quale è un fervente sostenitore nelle parole e nei fatti. Non è una nomina casuale: Tassinari ha nel frattempo bruciato le tappe anche a livello politico (è “Seniore” della Milizia Nazionale, come all’epoca viene chiamato il corpo di polizia) e nel gennaio 1939 entra nella carica di Vicepresidente della Reale Federazione Motociclistica Italiana, divenendo così uno dei personaggi più influenti nel settore.
A dicembre del 1938 lancia dalle colonne del proprio giornale una campagna denominata “La motocicletta per il popolo”, con la quale propugna la nascita di un mezzo che possa mettere su due ruote milioni di italiani: un veicolo basato sulla semplicità d’uso, l’economicità nell’acquisto e nella manutenzione, che abbia a disposizione un radicato sistema di assistenza in tutto il territorio nazionale. Questa campagna solleva un grande dibattito, con due schieramenti ben evidenziati, ma non potrà sortire frutti concreti a causa dell’entrata in guerra dell’Italia nel giugno del 1940. Come si vede, Renato Tassinari ha già intravisto il futuro, che si realizzerà solamente nel dopoguerra con la nascita e lo sviluppo della motorizzazione leggera. Il 23 agosto dello stesso 1940, Tassinari lascia l’incarico operativo al suo giornale e il seggio alla “Camera dei Fasci e delle Corporazioni” (l’attuale Camera dei Deputati) per intraprendere una nuova esperienza, quella di corrispondente di guerra dall’Albania, rilasciando per “Il Littoriale” numerosi scritti dal fronte bellico e ottenendo pure un riconoscimento ufficiale del Regno d’Italia, sotto forma di una medaglia di bronzo al valor militare e una successiva onorificenza da parte del re, Vittorio Emanuele III, per un’eroica azione individuale. Tornato in Italia, riprende l’attività di propaganda della motorizzazione, ma la caduta del Fascismo e il proseguimento della guerra impediscono ogni ulteriore attività.
Nel primo dopoguerra, Renato Tassinari finisce al margine del mondo di cui ha fatto parte per tanti anni, ma amicizie comuni fanno sì che il suo nome si leghi a quello di Enrico Piaggio, che nel frattempo ha scelto la motorizzazione leggera come campo d’azione della propria azienda. Tassinari entra prima a far parte della SARPI (l’agenzia che si occupa della commercializzazione di Vespa) e quindi viene identificato, a ragione, come l’uomo che dovrà dare un volto e un’organizzazione al crescente fenomeno del vespismo, all’epoca ancora un semplice movimento spontaneo dai contorni non ben definiti.
Nel maggio del 1948, sceglie la sua Milano come sede de “Lo Sciame d’Argento”, prima concentrazione vespistica a livello nazionale, poi dall’anno seguente accende i motori di un’idea ancor più luminosa, quella che attraverso il coordinamento dei singoli Gruppi Vespisti sorti in numerose parti del Paese darà poi vita al Vespa Club d’Italia con il primo Congresso del 23 ottobre 1949 all’hotel Belmare di Viareggio. (continua)
Alessandro Lanzarini