Renato Tassinari, il primo Presidente del Vespa Club d’Italia (2. parte)
Da quel 23 ottobre 1949, per ventun anni, sarà un inseguirsi di idee (quasi sempre realizzate), costanti sviluppo e progresso della funzione del sodalizio vespistico, il tutto condito dall’ingrediente principale rappresentato dalla debordante personalità del suo massimo esponente. Da eccellente uomo d’ordine qual è, Renato Tassinari si circonda di personaggi di spessore assoluto, a cominciare dal vicentino Manlio Riva – depositario dello spirito aggregativo più profondo, cui viene affidato il settore turistico – e dal bresciano Renzo Castagneto, direttore sportivo a partire dal 1951. Con questi due straordinari dirigenti ai fianchi dell’indiscusso Presidente, il lavoro della squadra raggiunge eccellenti vette organizzative, ci si occupi di raduni oppure di prove agonistiche. Al Vespa Club d’Italia non manca certo l’appoggio concreto dell’Azienda Piaggio, che garantisce un più che sostanzioso contributo economico per lo svolgimento dell’attività in patria e all’estero: denari senza dubbio ben spesi, in quanto il ritorno in termini di propaganda è abbondantemente all’altezza delle aspettative.
Renato Tassinari è molto simile a Enrico Piaggio, e per questo i due formano una coppia inscindibile, praticamente perfetta, con il primo a trasformare in realtà le volontà del secondo: forte e deciso nel carattere, per nulla propenso ai compromessi di comodo, risoluto nelle scelte e nei metodi per l’ottenimento del risultato, spesso oltre le righe nel rapporto con i sottoposti, abile nel ricamare i giusti rapporti con le istituzioni, speciale nel comprendere le necessità e le inclinazioni della gente. Il “Dottore” gli ha consegnato le chiavi del Vespa Club d’Italia con il compito di farlo diventare una perfetta macchina che deve rendere la Vespa ancor più simpatica e affascinante di quanto già non sia. Il Presidente ha carta bianca, e ne fa un ottimo uso.
Nel 1953 il vespismo allarga al continente i propri confini con la creazione del Vespa Club d’Europa: è naturalmente Renato Tassinari a tesserne le fila, oltre che a ricoprirne la massima carica. Nella prima metà degli anni Cinquanta prendono le mosse la “Mille Chilometri”, il “Giro dei Tre Mari”, l’Audax Internazionale Femminile e l’Eurovespa, manifestazioni la cui indelebile traccia costituisce ancor oggi un patrimonio inestimabile di prestigio storico, cui seguiranno il Campionato Italiano di Regolarità e quello di Gimkana, oltre ad innumerevoli altri eventi turistici e sportivi. Tutto il primo decennio di esistenza del VCI vede una costante crescita nei numeri di affiliazione, che raggiungono il massimo livello nel 1963, con 238 club sparsi in tutte le regioni d’Italia e 67.167 tesserati: il più importante riconoscimento al valore simbolico del fenomeno vespistico arriva nel 1960 con l’Eurovespa che introduce all’Olimpiade romana.
Ad ogni Congresso, il ruolo di Presidente del Vespa Club d’Italia gli viene naturalmente confermato, più di una volta addirittura per acclamazione dei presenti e senza dover ricorrere a una votazione. Oltre a Riva e a Castagneto, a supportare l’azione di Tassinari ci sono altre due grandi figure, quelle di Franco Cabrini (segretario del VCI sin dal primo giorno, instancabile e preciso come nessun altro) e di Franco Gioia (segretario personale del Presidente capace di trasformare in fatti ogni sua decisione), il quale negli ultimi anni di servizio assumerà ruoli di maggiore importanza. Come sempre accade, assieme ad una eccellente organizzazione è la qualità dei singoli a determinare la bontà della squadra, e in questo caso ogni pedina fornisce un contributo fondamentale per la buona riuscita delle volontà comuni.
In questi anni, il Vespa Club d’Italia diviene un essenziale punto di riferimento per i propri soci tramite una continua opera di stimolo presso i singoli club nella fornitura di servizi ai tesserati: dalle lezioni di teoria e pratica per una corretta conoscenza delle regole di circolazione fino all’aiuto concreto nello svolgimento delle formalità burocratiche per l’ottenimento della patente di guida, introdotta dal Codice della Strada a partire dal 1957. Grandi operazioni a livello sociale, che valgono al Vespa Club d’Italia notevoli credibilità e visibilità.
Di grande importanza è per Tassinari il riconoscimento ai Vespa Club locali per l’attività svolta, sia essa turistica, sportiva o strettamente organizzativa: a questo proposito vengono istituiti dei prestigiosi premi annuali destinati a dare lustro ai club, come dal 1951 il Trofeo del Turismo (per il sodalizio che maggiormente si è distinto per presenze e chilometraggio nei vari raduni) e la Targa di Eccellenza (che va a premiare il club segnalatosi per le capacità organizzative); ad essi si aggiunge, nel decennio seguente, il Trofeo dello Sport, riservato al club totalizza il maggior numero di chilometri coperti dai propri piloti nelle prove di campionato italiano. Ugualmente a livello europeo crea il Grand Prix d’Excellence, attribuito al Vespa Club nazionale messosi in luce in occasione delle grandi kermesse internazionali.
Con l’arrivo della crisi del settore motociclistico, nella seconda metà degli anni Sessanta anche il Vespa Club d’Italia risente dell’onda lunga della soffocante motorizzazione a quattro ruote che ormai caratterizza le nostre strade: le cifre di affiliazione prima calano e poi precipitano, pur se l’attività del sodalizio nazionale non si arresta e propone un bel colpo d’ala come la rinascita della “Mille Chilometri” nel 1965. La morte di Enrico Piaggio, il 17 ottobre 1965, segna l’inizio definitivo del declino anche attraverso il progressivo disimpegno dell’azienda genovese: Tassinari chiama all’unità i Presidenti dei club periferici, stimolandoli nel continuare a credere in un futuro diverso da quello che ormai pare scritto, ma tranne alcune eccezioni le sue parole cadono nel vuoto. La bandiera bianca verrà issata al Congresso di La Spezia del febbraio 1971, quando si avrà lo scioglimento ufficiale dell’Associazione. Pare che del Vespa Club d’Italia non potrà rimanere nulla, senza di lui, ma non sarà così: sarà Manlio Riva, con un manipolo di irriducibili, a far sì che il seme torni ad essere pianta.
Di lì a poco, Renato Tassinari si ritirerà a vita privata abbandonando ogni attività pubblica: si spegnerà il 26 luglio 1980 a Milano dopo una lunga e incurabile malattia, pure minato nel cuore dalla prematura scomparsa nel 1975 dell’unico figlio, Marco Antonio, a nemmeno trentacinque anni di età.
Alessandro Lanzarini