Oggi sono trascorsi cinquantacinque anni dal 4 novembre 1966, un giorno terribile per la Piaggio e la città di Pontedera: il fiume Era uscì dal proprio letto a causa delle forti piogge che colpirono tutta la Toscana (ricordate gli “angeli del fango” di Firenze?) e devastò la città causando danni enormi all’Azienda che produce la Vespa.
Giuseppe Cau ci ha concesso di pubblicare il suo ricordo di quei momenti, e di questo lo ringraziamo caldamente. Di seguito il suo racconto, tratto dal suo profilo personale su Facebook.
Oggi è il 4 novembre: un tempo era un giorno festivo (se lo ricorderanno solo i “vecchietti”), ma per me e per la mia città di adozione, Pontedera, è una data che fa venire alla mente il disastro causato dall’esondazione del fiume Era nell’anno 1966, quando anche Firenze e tante altre città della Toscana furono massacrate da quella storica alluvione. Io abitavo al Villaggio Piaggio, a due passi dallo stabilimento, al secondo piano di una delle tante palazzine: l’acqua arrivò a superare l’altezza del primo piano, e una famiglia che lì viveva fu costretta a rifugiarsi da noi. Una delle ragazze era incinta, e allora cedemmo loro la nostra camera da letto, trascorrendo la notte sui divani e sulle poltrone. Dalla finestra vidi la mia piccola Dauphine (un’utilitaria assemblata dalla Alfa Romeo sulla base di un modello prodotto dalla Renault) color crema lentamente sollevata da terra, quindi venire trasportata per parecchi metri, fino quasi la zona centrale del Villaggio, e infine rovesciarsi su se stessa. Ovviamente nei giorni seguenti la ritrovai in condizioni impossibili, e fui costretto a consegnarla allo sfasciacarrozze. Don Marcello, il giovane parroco della chiesa interna al Villaggio, si spostava con una barchetta di fortuna per portare cibo, medicine e conforto a tutti coloro che erano rimasti intrappolati nelle proprie case.Gli stabilimenti della Piaggio vennero anch’essi devastati dalle acque dell’Era, che scorrono a poche centinaia di metri: i danni furono enormi, direi incalcolabili. Molti macchinari si salvarono ma altri furono irrimediabilmente danneggiati, così come decine e decine di veicoli di ogni genere, dalle Vespa agli Ape, e un gran numero di impianti. Tutti noi, operai e impiegati, ci rimboccammo le maniche e fornimmo il nostro aiuto per poter ripartire con la produzione il prima possibile. Due giorni dopo arrivò Umberto Agnelli, all’epoca il numero 1 dell’Azienda: portava stivaloni di gomma e vagava imbrattato di fango tra le macerie e i quintali di materiali arrugginiti che erano stati ammassati negli angoli, si fermò a guardare le Vespa ancora appese nella catena di montaggio bloccata. I giornali parlarono di almeno un miliardo di lire di danni, una cifra pazzesca per l’epoca.Tutta Pontedera rimase sommersa, e molte immagini e filmati di quel 4 novembre sono facilmente reperibili su internet per rendersi conto della vastità e della gravità dell’accaduto. Sono trascorsi cinquantacinque anni da allora, ma ricordi come questi non si possono cancellare dalla memoria di chi li ha vissuti direttamente.